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Meglio la cinghia?

Sui motivi del mancato decentramento


Capita a volte nella vita che una questione serva a comprenderne un'altra. E quindi si arriva ai genitori dall'aspetto dei figli, oppure si cerca la causa di un orientamento sociale, ad esempio di lotta per l'emancipazione - che sia femminile, sociale, di classe o quanto altro si vuole, non ha importanza - riscontrandola in qualche molestia sessuale patita o nella sottomissione familiare oppure nel sofferto sfruttamento per opera di un proprio simile. Così, in questi come negli altri casi, per capire l'arrivo, basta riandare alla partenza.
Per tale motivo, prima di avviarci sulla strada della comprensione dei motivi che stanno alla base del mancato decentramento democratico, in una città come la nostra, dobbiamo affrontare un altro tema che ad esso si collega come l'uva al vino che produce. Cioè dobbiamo affrontare il rapporto esistente tra la società e la politica, dopo il ripristino della democrazia.
I partiti, non tutti, furono alla base della vittoria contro il fascismo, ma ancora di più alla ricostruzione dopo la sua caduta. Ogni partito era portatore di una visione esaustiva e completa ed assommava in sé un vero e proprio ethos per la risoluzione dei problemi del mondo. Questo attraeva e faceva gravitare intorno ad ogni progetto politico un gran numero di cittadini, aventi in comune interessi ed idee, così che la democrazia non era molto distinta dall'attività politica che si svolgeva dentro i partiti.
La società è andata, poi, sempre più delineandosi come complessa, sono cresciuti i movimenti d'opinione e culturali fuori dai partiti, le associazioni professionali hanno elevato la qualità delle proprie richieste, il volontariato ha assorbito energie e vocazioni di centinaia di migliaia di cittadini, forse i migliori. Ma l'abitudine dei partiti a rappresentare e gestire ogni piega della cosa pubblica, e perfino della vita privata, non è cessata, anzi, salvo qualche obbligata interruzione, essa è andata esprimendosi con crescente virulenza e perfino tracotanza. E' da qui che nasce il contrasto stridente, da noi oggi avvertito, tra società civile e partiti, che si esprime in tanti modi, i più eclatanti di tutti sono la disistima che una gran parte dei cittadini manifesta verso i politici (riveriti e detestati) ed il crescente astensionismo, vero cancro della nostra democrazia (altro che processo di modernizzazione!).
E veniamo ora a noi ed al nostro problema: il decentramento democratico della città. Però, a questo punto preferiamo scendere dal cavallo della grande dissertazione teorica e tentare di rischiarare con un piccolo lume lo spazio immenso. Parlando senza aforismi, si va alla ricerca dei motivi che consigliano i nostri amministratori a non concedere quel potere che le leggi dello Stato prevedono e su cui gli elettori hanno democraticamente deciso.
Non vi è campagna elettorale che i partiti non organizzino liste elettorali e non mettano in lizza i propri candidati per il rinnovo dei Consigli circoscrizionali; non c'è programma elettorale in cui le Circoscrizioni non vengano considerate volano importante, vero fulcro di democrazia, sede di aggregazione della volontà popolare. Questo dura fino al giorno delle elezioni. Poi, come se tutti i partiti si vergognassero di averle sparate troppo grosse, l'interesse scema intorno alle circoscrizioni. Anzi no, non ancora. C'è una coda ed è la spartizione delle Presidenze circoscrizionali, che farebbe pensare ad un nuova impennata di interesse intorno a questi organismi, mentre ad un esame più attento la ruota del manuale Cencelli è funzionale a quello che succederà subito dopo: l'assassinio politico delle circoscrizioni.
C'è un doppio corno nella possibilità di gestire questi preziosi organismi decentrati, e la differenza sta nella direzione del flusso rappresentativo che vi si impianta. Può essere infatti scelta una direzione centrifuga oppure l'altra direzione, quella centripeta. Mi spiego meglio. Il Consiglio circoscrizionale può lavorare prendendo tutti i suoi imput(orientamenti) dal sistema centrale, cioè dall'Amministrazione comunale. In questo caso la Circoscrizione è burocratica cinghia di trasmissione della volontà del potere locale, non disturba il manovratore e, pertanto, il mare resta costantemente tranquillo. E' qui il motivo della richiamata lotta dei partiti per accaparrarsi le Presidenze circoscrizionali.
Vi è, però, anche un altro sistema di funzionamento e si realizza quando le Circoscrizioni sono veri centri di partecipazione democratica, raccolgono le esigenze cittadine e ne fanno uno strumento di confronto, orientamento e, a volte, di dura lotta per ottenerne il soddisfacimento. In questa seconda ipotesi il mare non è sempre calmo, a volte s'increspa, altre volte si agita, qualche altra, anche, accade che le onde s'infurino.
E' questo il caso in cui qualche solerte Presidente circoscrizionale si è sentito dire da politici o amministratori locali: "Era meglio che non funzionava come le altre".
Eppure le Circoscrizioni dovrebbero avere ormai una storia consolidata e quindi dovrebbero aver superato quella fase di adattamento e diffidenza propri di una rappresentanza nascente. Ma le cose dimostrano che così non è.
Nella nostra città la storia delle circoscrizioni ha le sue origini nelle prime quattro Consulte rionali, le quali sono state solo poche volte chiamate ad esprimere un parere, essendo perfino prive del potere di autoconvocazione. Dopo quella larvata esperienza di decentramento, il Comune di Manfredonia, tra i primi in Puglia, già nel novembre 1977, istituì i Consigli di circoscrizione, ai quali furono poi concessi, nel marzo 1980, poteri deliberativi. Ma è proprio in questo grande balzo in avanti delle possibilità delle Circoscrizioni che ha inizio il loro declino. Infatti, mentre prima i pareri espressi da questi organi di decentramento cittadino non vincolavano gli amministratori, lasciando intatto il loro potere, i nuovi compiti decisionali sono venuti a mettere in crisi un vecchio modo di far politica.
In particolare essi vengono a cozzare contro: le spinte e gli interessi di individui e protetti vari che gravitano intorno ai partiti; la politica delle mance e dei favori; la gestione del consenso politico attraverso la formazione di ristretti gruppi clientelari; un nuovo notabilato politico, il quale si basa piuttosto sulla solitudine che sulla partecipazione delle masse.
Ma a ben guardare questa visione dura a morire è anche asfittica e, per converso, non consente all'amministratore di ben governare la città.
Infatti le Circoscrizioni, se da un lato limitano la libertà di movimento spiccio di chi ci rappresenta, dall'altro possono liberare risorse facilmente utilizzabili nell'interesse cittadino e degli stessi nostri rappresentanti. Esse, infatti, se non sono cinghia di trasmissione degli ordini del potere comunale, possono: a) esercitare un'influenza educativa, attraverso il superamento dell'egoismo, dell'individualismo e del qualunquismo della gente; b) realizzare un'aggregazione civile, con la creazione di strutture socio-sanitarie, culturali, sportive e ricreative circoscrizionali, rendendo più vivibile la vita dei quartieri; c) migliorare l'efficienza amministrativa, ad esempio, decentrando tutti gli uffici anagrafici e creando sportelli telematici.
Anche dal punto di vista politico i risultati non sarebbero minori. Le Circoscrizioni possono, infatti, fare da "termometro" della situazione, per consentire agli amministratori di conoscere e comprendere in tempo gli umori della gente; incanalare la protesta irrazionale e disfattista verso giusti obiettivi; programmare le spese secondo i bisogni reali dei quartieri e non in funzione di astratte visioni assessorili. Se ne avvantaggerebbe anche il bilancio comunale, giacché eviterebbe spese male indirizzate, per opere e servizi di cui i cittadini non sentono alcun bisogno.
Mi rendo conto che questo modo di parlare è un po' datato e sembra ignorare che i cittadini hanno ormai perso l'abitudine d'intervenire sulle questioni, e che i nostri amministratori non sentono più la bellezza di essere veri rappresentanti popolari e, se sentono una tale molla, non sanno come fare a riprendere in mano il bandolo della partecipazione democratica dei cittadini.
Tuttavia ci provino. A partire dalle Circoscrizioni. Non è infatti sufficiente la politica del "piccolo cabotaggio" e non si può dirigere una grande città senza elevare il respiro culturale della politica. La realtà cittadina, infatti, non è fatta solo di faccendieri e della schiera dei postulanti, che inquinano i partiti, rendendoli poco vitali e lontani dalla gente. Attraverso il rilancio delle Circoscrizioni si potrebbe ripristinare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche e nei partiti. Se poi il compito sembra davvero arduo e ci si chiede come fare, c'è da indicare una sola via: attuare quello che viene promesso, in tutti i programmi elettorali, a proposito di Circoscrizioni. Potrebbe già bastare così.

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